QUESTIONI DI LEADERSHIP: COME SVILUPPARE LA CAPACITA’ DI GUIDA.
Ampie e variegate le questioni di leadership dibattute a i14 – Soft Skill Labs, ripresi con la consueta cadenza quattordicinale dopo la pausa natalizia e che hanno visto riuniti una cinquantina di imprenditori, manager e collaboratori aziendali presso il suggestivo Agriturismo Lama San Giorgio a Rutigliano.
A trattare di Leadership, Vito Carnimeo, Senior Manager Consultant, che è partito col constatare come le “questioni” che la riguardano siano di antica memoria. Dall’antica Grecia, passando per il De Bello Gallico di Cesare, poi per Erasmo da Rotterdam e per il Principe di Machiavelli, il tema del come guidare le persone trascinandole verso mete ambiziose, ha interessato da sempre gli uomini.
Date le sue origini così antiche, nel giungere fino a noi il discorso sulla leadership non può che essere stato ampiamente trattato e dibattuto anche nell’ambito degli studi e delle teorie di management, e prima di accostarci singolarmente ai cosiddetti “nuovi temi” della leadership, Carnimeo ha espresso una verità di fondo: per essere applicata in maniera efficace, la leadership va calata e adattata al contesto specifico di riferimento e soprattutto in relazione a noi stessi e a chi siamo realmente come leader.
Anche perché il leader non è soltanto “il capo”. In ambienti lavorativi dove regna una leadership diffusa, le persone possono influenzare positivamente gli altri anche in una posizione di dipendenza e possono addirittura essere a loro volta leader nei confronti del capo.
Da qui il concetto di “leadership consensuale”: se sono affidabile e rispettato, le indicazioni che impartisco verranno spontaneamente seguite. E questa reciprocità porterà al raggiungimento dei risultati (poiché senza risultati, ahimè non si può parlare di leadership).
Carnimeo ha quindi inevitabilmente rimarcato la differenza che c’è fra un boss e un leader: mentre il primo incute timore, impone autorità, comanda e dice: “andate!“; il secondo si preoccupa di formare i collaboratori, è egli stesso collaborativo e in prima linea, comunica entusiasmo, e dice: “andiamo!”. Ed il coinvolgimento che il leader ha saputo generare, crea quella energia creativa in grado di portare i risultati eccellenti attesi.
Abbiamo poi visto il discorso sulla leadership nell’ottica della digital trasformation, che prevede che al cambiamento tecnologico sia affiancato un preciso cambiamento culturale; la leadership al femminile, con caratteristiche comportamentali che appartengono “per natura” alle donne e che oggi risultano irrinunciabili per guidare le aziende, come il saper chiedere aiuto, la capacità di cooperazione, di affiliazione e attaccamento, di emotività e cura, per citare Jan Grant.
E ancora: il rapporto tra leadership e millennials, partito dal dato che prevede che al 2025 il 75% della popolazione mondiale sarà formata da nativi digitali che sembrano essere accomunati da:
- scarsa fedeltà all’azienda: sono sempre con un piede fuori e solo in un contesto aziendale positivo riesci a trattenerli ;
- fame di di feedback, perché vogliono migliorare;
- basse conoscenze di tipo “umanistico”, ma dei maghi con in mano un device elettronico.
Successivamente Carnimeo ha offerto alcuni strumenti che non possono mancare nella “cassetta degli attrezzi” di un Leader, a partire da una matrice che individua i diversi segmenti della popolazione aziendale collocando i collaboratori su di un quadrante formato dall’asse della “competenza professionale” e quello della motivazione. Per poi condividere una scheda di valutazione soggettiva dei singoli collaboratori utilizzata in particolare da una azienda del settore automotive, che ci consente di inquadrare e valutare nel tempo le singole persone da un punto di vista del valore.
La cosa interessante è che la valutazione può avvenire non solo dall’alto verso i singoli collaboratori ma anche tra pari e addirittura verso l’alto: anche il capo può essere valutato. Questo può avvenire solo nelle realtà più illuminate e non in quei luoghi di lavoro dove il capo dice: “Qui dobbiamo cambiare tutto. Tutto tranne me stesso”. E quindi, sottolinea Carnimeo, se non è il capo a mettersi per primo in discussione, in azienda non cambia proprio nulla. Una volta collocate le persone in questo modello posso ragionare su ciascuno di loro e capire come mai quel particolare soggetto si trova in quella determinata posizione e, se ha una motivazione bassa, salvo rare e complicate eccezioni, probabilmente è anche colpa mia, se sono io il leader.
Ecco dunque che una delle “questioni di leadership” che emerge con prepotenza è quella legata all’importanza delle soft skills e delle competenze relazionali e comportamentali che divengono più importanti e decisive delle hard skill per la crescita del leader. Lo stesso Goleman ci dice che la leadership è emozione e relazione, e anche il concetto di resilienza non basta più: bisogna imparare dalle sconfitte e trasformarsi nelle difficoltà, non semplicemente tornare nelle stesse condizioni da cui eravamo partiti.
Come leader dobbiamo quindi avere sì “padronanza di noi stessi” ed avere in mano il governo e la direzione della nostra barca. Ma detto questo però non possiamo non convivere con il “caos”, che contraddistingue la frenesia della vita lavorativa di oggi, per dirla alla Nassim Taleb del “Cigno Nero”: pur avendo l’obbligo di fare programmi, attuare metodi di pianificazione e controllo, dobbiamo essere pronti anche a mettere in discussione questi stessi piani e imparare ad abbracciare l’incertezza, a essere più duttili e flessibili, a fare i conti anche con l’errore, la frustrazione e a conviverci con questa.
A questo punto Carnimeo introduce anche il concetto di open leadership, nato nel 2014 con il manifesto di Paolo Bruttini e che ci riporta una visione più orizzontale, condivisa, distribuita e “aperta” di leadership e di conseguenza delle stesse realtà aziendali che hanno l’opportunità di viverla.
Dulcis in fundo, il tema della leadership situazionale: devo sapermi comportare in modi diversi in base alla specifica situazione e alla persona che ho di fronte, senza ricorrere a rigidi schemi ma seguendo un canovaccio che non vada a sacrificare la mia spontaneità ed autenticità. Questo stesso modello può essere visto in maniera dinamica, sviluppato nel corso del tempo e finalizzato alla crescita di ciascun collaboratore.
L’incontro è stato anche animato da uno stimolante botta e risposta con i partecipanti e da un utile scambio di opinioni.