Tutti sappiamo che la creazione di un ambiente di lavoro positivo e collaborativo potrebbe potenziare la redditività fino al 30% e consentirebbe alle aziende di attirare e trattenere le migliori professionalità, riducendo allo stesso tempo il tasso di assenza e di turnover dei dipendenti.
La cultura collaborativa genera coinvolgimento ed empatia, permette di:
1. fare emergere idee innovative e di
2. valorizzare le diverse capacità dei dipendenti,
3. migliora i flussi di comunicazione
4. rende possibili nuovi tipi di organizzazione del lavoro basati su team collaboratori e flessibili.
A fronte di questi vantaggi, che tutti gli imprenditori dichiarano di voler ottenere, tuttavia, le aziende che investono in maniera mirata sul creare ambienti di lavoro positivi e collaborativi sono ancora troppo poche per non dire “pochissimissime”.
L’ambiente di lavoro “ideale” è collaborativo
A indicare l’importanza del “fattore collaborazione” è il Kelly Global Workforce Index, indagine condotta dalla società di recruiting Kelly Services su 164.000 persone in 28 paesi.
In Europa si evidenziano 3 caratteristiche che secondo i dipendenti rendono “ideale” un ambiente di lavoro:
- il clima collaborativo che si aggiudica la maggioranza delle preferenze (60%),
- la cultura dell’innovazione e della creatività (43%)
- ’organizzazione flessibile del lavoro (43%).
Il lavoro collaborativo è ancora più ambito in Italia, dove l’80% degli intervistati lo antepone all’utilizzo delle più recenti tecnologie e alla possibilità di operare in contesti che stimolano l’innovazione e la creatività.
Le imprese dormono e si smentiscono
Dal canto loro, le imprese sembrano vivere una situazione di sonnolenza ma soprattutto conflittuale.
Nonostante il 71% si aspetti che entro il 2030 oltre un quarto dei profitti saranno generati grazie alla collaborazione innovativa, sono ancora poche quelle che stanno realmente investendo per fare avverare la previsione.
Una brutta verità
Secondo la ricerca di Kelly Services solo il 47% degli intervistati crede che il proprio datore di lavoro promuova il lavoro di squadra e solo il 43% ritiene che i manager siano in grado di incoraggiare una cultura aziendale che valorizza il coinvolgimento.
A mettere in dubbio la capacità dei propri dirigenti sono soprattutto gli italiani: solo il 27% è infatti soddisfatto degli interventi del management per creare un clima di scambio fra i dipendenti.
Questo è evidente perché si continua a premiare il raggiungimento di obiettivi individuali – anche quando i top performer non contribuiscono al lavoro di team – e i migliori collaboratori vengono caricati di troppo lavoro, togliendo loro il tempo per un’interazione proficua con i colleghi.
“Le imprese”, dice l’AD di Kelly Services Italia, Cristian Sala, “devono imparare prima di tutto a premiare coloro che sono sia top performer che collaboratori. Altrimenti le persone possono non sentirsi motivate a condividere con i colleghi informazioni e capacità”.