Nella gestione di impresa oggi è incorso un cambiamento di paradigma dove le emozioni acquistano sempre più significato.
Al posto del manager razionale è subentrato il management emotivo.
Quello che lascia alle spalle il principio dell’agire razionale e ci ricorda sempre più un trainer motivazionale. Infatti la motivazione è connessa alla emozione: esse sono legate dalla “mozione” (impulso verso stati d’animo determinati).
Le emozioni positive sono il fermento della crescita motivazionale e sono performative nel senso che invocano nuove determinate azioni.
André Gorz nel suo libro “L’immateriale. Conoscenza, valore e capitale” a pag. 14 cita un annuncio della Daimler-Chrysler che dice: “poiché la componente comportamentale gioca un ruolo importante nella prestazione di servizi, anche la competenza sociale ed emozionale dei lavoratori è sempre più tenuta in considerazione nelle valutazioni”.
Questo ci fa comprendere come in realtà il sociale, la comunicazione e il comportamento sono oggetto di utilizzo:
le emozioni vengono impiegate come “materia prima” per l’ottimizzazione dei risultati.
Un importante dichiarazione, in merito a questo, ci viene fornita dalla famosa HP (Hewlett-Packard) che scrive:
“HP è una ditta nella quale si respira uno spirito di comunicazione, un forte spirito di reciprocità, nella quale le persone comunicano, nella quale si va verso gli altri.È un rapporto affettivo”.
Nel suo libro: “Psicopolitica” il filosofo Byung-Chul Han dice: “Il regime neoliberale ricorre alle emozioni come risorse per realizzare maggiore produttività e prestazioni. Da un certo livello di produzione, la razionalità – che rappresenta il medium della società disciplinare – si scontra con i propri limiti. Essa è avvertita come costrizione, come impedimento; all’improvviso, diventa rigida e inflessibile. Al suo posto subentra ora l’emotività, che si accompagna al sentimento della libertà, al libero sviluppo della persona. Essere libero significa dare libero sfogo alle emozioni. Il capitalismo dell’emozione utilizza la libertà: l’emozione e salutata come espressione libera soggettività. La tecnica di potere neoliberale sfrutta proprio questa libertà soggettiva”.
Ma le emozioni non sono utili solo all’interno dell’azienda. Le emozioni servono anche alla economia di mercato voluta dal neoliberalismo.
Nel capitalismo del consumo, espressioni ed emozioni vengono venduti e consumati. Il valore emotivo o culturale è costitutivo per l’economia del consumo.
Perché se si desidera migliorare i processi di comunicazione verso il mercato l’emozione è feconda, la razionalità è fredda, regolare, monotono. La razionalità è contraddistinta da oggettività e anche stabilità. Diversa è la emotività, che è soggettiva, situazionale e volatile.
L’economia neoliberale che punta esclusivamente all’incremento della vendita delle merci, vuole introdurre nei consumatori una sempre maggiore instabilità e infelicità. Questo significa la necessita di una comunicazione che favorisce la emotività a discapito della razionalità che è più lenta e per così dire priva di velocità. Il capitalismo consumistico, introduce emozioni il cui scopo è suscitare un maggiore stimolo all’acquisto e nuovi e maggiori bisogni.
Basta pensare al design dei prodotti fortemente emotivo che plasma modelli per massimizzare il consumo. Oggi, infondo non consumiamo più cose, ma emozioni.
Le emozioni si sviluppano aldilà del valore d’uso, le emozioni aprono in questo modo un nuovo infinito campo di consumo.